Michele Giambonini - titolare di Architecture Life - non è un semplice architetto-progettista, bensì dispone di numerose skills aggiuntive che, normalmente, gli architetti non hanno. Tali competenze, le ha acquisite grazie ad un percorso formativo-professionale molto particolare.
Diplomatosi in architettura al Politecnico Federale di Zurigo nel 1992, Michele ha poi lavorato in Ticino e a Zurigo, approdando in una grossa impresa generale di costruzioni dove ha imparato molto a livello di Project Management e di cosa succede dietro le quinte, aspetti che ha messo al servizio dei propri clienti.
Un quinquennio a Singapore come consulente di un fondo immobiliare ha ulteriormente allargato le sue vedute.
Negli anni ha frequentato corsi di formazione e di aggiornamento presso SIA e SIV a Zurigo (negli ambiti sopracitati) e, grazie al suo profilo, è stato chiamato a ricoprire la carica di vice presidente del capitolo Svizzero di FIABCI (International Real Estate Federation).
Dal 2018 è il delegato all’ONU della Federazione Internazionale del Real Estate che rappresenta regolarmente durante i lavori al Palazzo delle Nazioni a Ginevra nel ruolo di consulente e consigliere. Sempre in veste di delegato ONU partecipa a convegni internazionali patrocinati dai suoi organi ECOSOC, UN Habitat, UNECE. FIABCI è l’organizzazione mantello delle professioni legate al settore immobiliare e raggruppa le associazioni e federazioni settoriali del ramo della costruzione (ad esempio quella dei fiduciari immobiliar)i. In FIABCI (https://fiabci.org) sono rappresentate 40 professioni con un milione di membri associati in 70 Paesi.
- Arch. Giambonini, lei si definisce un risolutore di tutte le questioni che toccano il “costruendo” e il costruito”. Può farci qualche esempio? Sì, amo definirmi un “troubleshooter”. Quando si presenta un problema legato ad un progetto, edificio o cantiere, vengo contattato dal committente, raccolgo informazioni, faccio un’analisi e propongo delle soluzioni. A volte il mio compito si ferma lì. Altre volte, invece, il committente mi chiede di affiancarlo come consigliere. La consulenza può diventare rappresentanza del committente, fino alla presa a carico dell’intero progetto e del cantiere.
È stato il caso di un progetto a Zurigo, dove il preventivo era di 4.5 mio; a cantiere iniziato, il preventivo è arrivato a 6.7 mio. Mi hanno chiamato, ho fatto quanto spiegato sopra, proposto scenari di ottimizzazione, cambiato alcuni specialisti. Senza fermare il cantiere, siamo riusciti a ridurre i sorpassi e a chiudere con 4.9 mio, rispettando i tempi di consegna e salvando così l’operazione.
In un altro caso, invece, un’impresa generale in Ticino ha presentato maggiori costi per 1'000'000 CHF. Sono stato chiamato e i costi effettivi da riconoscere sono stati 220'000 CHF. È molto difficile allontanare delle persone, far passare certi messaggi, evitando un conflitto senza ritorno, così come è complicato dimostrare che i maggiori costi richiesti sono sbagliati senza far perdere la faccia alla controparte. In questi anni sono riuscito ad acquisire una discreta competenza sociale nel gestire queste situazioni, evitando alle emozioni di esplodere, mantenendo un clima di pragmatica ragionevolezza finalizzato a risolvere le situazioni, non a portare le persone in tribunale! Con la mia entrata in materia, i committenti hanno risparmiato parecchio.
Pur non essendo un avvocato, conosco bene i meccanismi legislativi legati alla mia professione. In diverse occasioni ho fatto da consulente a degli avvocati per mettere in relazione normative, leggi, giurisprudenza con quanto andava risolto a livello di sorpassi di costo, qualità, costruito.
- Cosa ne pensa del fenomeno, sempre più ricorrente, dei sorpassi di spesa? Perché è così difficile far coincidere i preventivi con i consuntivi? Prima di tutto perché tanti preventivi non corrispondono alla situazione reale, non rispecchiano quello che vuole il committente (a volte il committente non sa cosa vuole) e si preparano con troppa superficialità. Non di rado ho trovato dei “copia e incolla”!
Ho poi constatato che non si sa costruire e nemmeno tenere una contabilità di cantiere, come non si sanno gestire le modifiche progettuali. In fondo bisogna solo dire la verità. La parola magica del Project Management è: misurare. Si misurano costi, tempi e qualità; si sorvegliano, si comunicano e si gestiscono. Per farlo, abbiamo tutti gli strumenti a disposizione. Se non li usiamo - o non li sappiamo usare - i consuntivi sono come una coltura batterica: si chiude la scatola e, quando la si riapre, i problemi sono aumentati!
- La crisi da Covid19, rischia di aggravare ulteriormente questa problematica? Sì, in quanto il motore del settore edile è la rendita. Se il potere d’acquisto di chi compra o affitta diminuisce, questo può intaccare la rendita che è stata calcolata per dare avvio ad un’operazione immobiliare: piccola o grande che sia.
Oggi assisto ad una dilatazione dei tempi esecutivi sia per questioni organizzative legate alla presenza di maestranze in cantiere, sia per le incertezze nel firmare contratti d’affitto. In entrambi i casi i costi aumentano a scapito dei margini di guadagno di chi investe. Ciò può portare a fermi di cantiere, dilatazioni dei tempi, modifiche e riduzioni delle portate dei progetti, o addirittura al loro abbandono.
- La sua società, Architecture Life, offre una consulenza qualificata anche nell’ambito del Building Information Modeling. Di cosa si tratta? Il BIM non è un software, bensì un metodo di lavoro che chiama alla disciplina sia il committente, sia i progettisti. Da un punto di vista pratico si crea un modello tridimensionale del progetto architettonico (da non confondere con i rendering che vediamo nelle promozioni immobiliari). Tale modello contiene parametri di qualità, costo e quantità che permettono una misurazione senza improvvisazioni, ma con cognizione di causa, di quanto si va a progettare e poi ad eseguire. L’applicazione più diffusa riguarda progetti in divenire, ma sto sviluppando un modello per la gestione degli edifici esistenti, capace di predirne il valore negli anni. Possiamo così ottimizzare gli interventi di manutenzione, quantificarli, pianificarli, leggerne il valore commerciale, attivare scenari e scegliere strategie appropriate. Con BIM quest’analisi si può fare a cadenza regolare. Si possono pure ottimizzare gli affitti, in quanto si ha un controllo sull’evoluzione del valore dell’edificio nel tempo. Oggi un sistema di predizione strategica di questo genere può essere davvero molto prezioso.
- Progettista, direttore dei lavori, consulente. Qual è il ruolo che le regala maggiori soddisfazioni? Sento di essere più utile al prossimo facendo il consulente, il risolutore, il rappresentante del committente. Parlo correntemente italiano, tedesco, svizzero tedesco, francese, inglese e spagnolo: questa flessibilità linguistica mi permette di essere impiegato laddove le lingue sono richieste, anche simultaneamente. Questo aiuta i clienti d’Oltralpe a sentirsi a proprio agio: è una soddisfazione in più, in particolare quando chiedo quale accento - Bernese o Zurighese - essi vogliano. Ho esordito riferendomi al sorriso del cliente per poi arrivare alla comunicazione… È proprio ciò che accade quando il cliente si sente sollevato dai risultati del mio operato: sorride e comunica nella lingua che preferisce!
- AITI, come lei sa, è l’associazione di riferimento delle imprese manifatturiere. Quali servizi di consulenza può offrire, un professionista come lei, ad un imprenditore? In una qualsiasi situazione che possa far sorgere interrogativi e dubbi legati a costi, qualità, evoluzione tempistica del proprio edificio, vedi parco industriale. Questo vale sia per progetti in divenire, quanto per operazioni in corso. In particolare in questo periodo siamo chiamati ad ottimizzare gli investimenti cambiando l’approccio strategico, questo significa sapere cosa si sta facendo e dove si stia andando con una certa celerità. Questo richiede conoscenza, visione, pragmatismo. Ho uno stile diretto e vado generalmente dritto al punto.